Creata una retina artificiale liquida in grado di ripristinare la vista

Creata una retina artificiale liquida in grado di ripristinare la vista

Creata una retina artificiale liquida in grado di ripristinare la vista


Una retina artificiale liquida per far recuperare la vista alle persone con distrofia retinica. È quanto fa sperare un nuovo studio condotto da un team di ricerca coordinato dall’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova. I ricercatori hanno dimostrato, in animali da laboratorio, che l’iniezione di una retina artificiale liquida realizzata con nanoparticelle fotovoltaiche è in grado di ripristinare il funzionamento della vista anche in retine completamente insensibili alla luce, come quelle tipiche della retinite pigmentosa (un tipo di distrofia retinica che può portare alla cecità) in stadi avanzati. I risultati dello studio, che gli autori si auspicano di poter testare in futuro sugli esseri umani, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.

Alla ricerca di trattamenti per recuperare la vista

La retinite pigmentosa è un tipo di distrofia retinica, una patologia genetica e progressiva che comporta il danneggiamento permanente dei recettori della retina implicati nella percezione degli stimoli luminosi: malattie di questo tipo determinano un progressivo deterioramento della capacità visiva, che alla fine può condurre alla cecità. Nel mondo vi sono circa 5,5 milioni di persone con retinite pigmentosa e al momento non esistono trattamenti risolutivi, specie per le fasi più avanzate della malattia. Una delle strade percorse dalla ricerca in questo ambito è quella delle terapie geniche (in cui vengono corretti i geni difettosi responsabili della malattia) o cellulari (in cui i recettori danneggiati vengono sostituiti con altri funzionanti), ma il loro sviluppo incontra diverse difficoltà: per quanto riguarda gli approcci genetici, la malattia può presentare mutazioni a oltre 200 geni, rendendo estremamente complicato intervenire a questo livello, mentre gli approcci basati sulle cellule sono ancora in fase di sperimentazione preclinica o nelle primissime fasi di sperimentazione sugli esseri umani.

Tra gli altri trattamenti in via di sviluppo vi è l’impianto di protesi artificiali di retina, in grado di stimolare elettricamente i neuroni della retina interna (i quali non sono implicati nel processo degenerativo) per preservare la funzione visiva, soprattutto negli stadi più avanzati della malattia. Anche questo approccio presenta diverse difficoltà, tra cui soprattutto connettere strutturalmente e funzionalmente la retina artificiale con la retina interna, che nel corso della malattia, pur non ospitando i neuroni danneggiati, subisce profondi riarrangiamenti, deteriorandosi. È in questo filone di ricerca che si è inserito lo studio coordinato dall’Iit: gli scienziati, infatti, hanno messo a punto una protesi artificiale liquida composta da nanoparticelle fotoattive e biocompatibili sospese in una soluzione acquosa. Le nanoparticelle funzionano in maniera simile ai pannelli fotovoltaici, trasformando l’energia derivante dalla luce in energia elettrica. Somministrando la protesi liquida per iniezione sottoretinica, essa sarebbe in grado stimolare elettricamente i neuroni della retina interna e ripristinare il segnale visivo danneggiato o addirittura perso a causa della malattia distrofica.

Lo studio e i risultati

Il team dell’Iit aveva già sperimentato la protesi liquida in altri studi: il problema vero era verificare se, in fasi avanzate di degenerazione della retina, le nanoparticelle fossero comunque in grado di fare il loro dovere. Per fare questo, i ricercatori hanno utilizzato modelli di ratti che presentavano una mutazione nello stesso gene che provoca la distrofia retinica negli esseri umani. Ratti del genere, quindi, presentavano una retina completamente danneggiata e invecchiata che non era più in grado di dare risposte visive: un modello il più realistico possibile degli occhi con retinite pigmentosa. A questo punto gli scienziati hanno iniettato la protesi liquida sotto la retina, osservando come essa modificava la visione dei ratti: nonostante i fotorecettori fossero assenti e la retina interna fosse stata completamente rimodellata dalla malattia, la protesi artificiale liquida ripristinava la risposta visiva delle cellule della retina. In particolare, grazie alle piccole dimensioni delle nanoparticelle e alla capacità di distribuirsi in diverse aree della retina, i ratti avevano recuperato un ampio campo visivo e anche l’acuità (ovvero la capacità vedere immagini definite).

In conclusione, si legge nello studio, l’iniezione di una protesi del genere è stata una strategia utile per ripristinare la sensibilità alla luce e le attività visive negli animali con distrofia retinica che non avevano alcuna risposta a stimoli luminosi. “Avere sperimentato che le nanoparticelle fotovoltaiche rimangono efficaci in stadi di avanzata degenerazione della retina apre la porta all’applicazione di questa strategia alle patologie umane” afferma al Corriere.it Grazia Pertile, una degli autori dello studio. Adesso, infatti, si spera di riprodurre i medesimi risultati anche a livello clinico: i primi test sugli esseri umani dovrebbero iniziare nel 2025-2026.



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di Chiara Di Lucente www.wired.it 2022-07-01 14:54:01 ,

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